in agosto le nuvole sono silenziose, lasciano spazio ad un'arpa che suona. i giorni senza doveri si riempiono di pause in cui il tempo si dilata e gli occhi fissano, senza una costanza, il muro che specchia le mie enormi finestre.
dopo aver provato vari pasticci per intrattenermi, dopo averli decretati finiti, mangiati; dopo aver rinunciato a spostarmi con affanno nello spazio, perché so che rallenterebbe il tempo;
torno a fuggire di notte.
l'abitudine mi chiama nell'intrigo di ciò che sta nel buio. nello schermo di un telefono guardo il fumo salire dalle torri di settembre e un violoncello si spezzetta, sporco, in cerchi continui di disintegrazione.
appoggio la testa su una spalla straniera. mi consolo di briciole e la gente mi trova dimagrita.
poi di giorno sogno marinai, e non mi spiego il perché.
ci ricorderemo di noi stessi, circondati da canyon di incertezze. anni nel futuro rileggeremo testimonianze dei sopravvissuti, invidieremo il loro volo in stallo.
ora attendo me stessa, che non abbia più paura di non attendere.
che invece di scrivere finisca di montare questa libreria.
il vento non si alza da un po'.
omertà
martedì 18 agosto 2015
venerdì 12 settembre 2014
ho un urlo dentro che non so dove mettere. sgraziato e di cuore, non so che farci, dove lanciarlo.
la pena di un'anima che vaga, come un uccello sul mare, senza potersi posare.
mi fa impazzire stare qui, in mezzo all'ingresso della vita, con questa tazza in mano.
che guardo, fisso, i soli gialli di ogni giorno riflettersi sui muri.
non so più cosa dirmi, non so cosa fare per spingermi, per picchiarmi. per aver lividi che facciano male.
non c'è persona alla quale consegnerei il cuore scoperto, la delega di farlo per me;
non c'è voglia di farlo nemmeno in uno sbaglio.
e tutto mi tedia e mi tormenta ed ho voglia di mordere porte e finestre, masticare schegge e legno uscendo. perdendomi.
ma non mi ascolto mai, e sono ancora qui.
continuo a stare qui con la merda nella testa che affoga ogni azione, col disastro sull'uscio. con orologi da buttare, calendari di finire di strappare.
questa rabbia che si annienta da sola, che risacca in queste sempre più frequenti depressioni d'attenzione. maree che si abbassano e non tornano, non riportano acqua indietro.
arriverò a staccarmi dal corpo? a vivere di sogni lucidi fluttuandomi in testa?
che pillole di paura mi diano di nuovo istinto di sopravvivenza.
che altri paesaggi urbani mi suggeriscano ancora cosa fare.
la pena di un'anima che vaga, come un uccello sul mare, senza potersi posare.
mi fa impazzire stare qui, in mezzo all'ingresso della vita, con questa tazza in mano.
che guardo, fisso, i soli gialli di ogni giorno riflettersi sui muri.
non so più cosa dirmi, non so cosa fare per spingermi, per picchiarmi. per aver lividi che facciano male.
non c'è persona alla quale consegnerei il cuore scoperto, la delega di farlo per me;
non c'è voglia di farlo nemmeno in uno sbaglio.
e tutto mi tedia e mi tormenta ed ho voglia di mordere porte e finestre, masticare schegge e legno uscendo. perdendomi.
ma non mi ascolto mai, e sono ancora qui.
continuo a stare qui con la merda nella testa che affoga ogni azione, col disastro sull'uscio. con orologi da buttare, calendari di finire di strappare.
questa rabbia che si annienta da sola, che risacca in queste sempre più frequenti depressioni d'attenzione. maree che si abbassano e non tornano, non riportano acqua indietro.
arriverò a staccarmi dal corpo? a vivere di sogni lucidi fluttuandomi in testa?
che pillole di paura mi diano di nuovo istinto di sopravvivenza.
che altri paesaggi urbani mi suggeriscano ancora cosa fare.
-a milano la vetrina mi diceva: ti od tsuj.
martedì 10 aprile 2012
Le mani lunghe dei miei sogni arrivano a disturbare la superficie del giorno,
increspandolo di memorie, di cose già viste, di immagini di desideri nascosti.
I brividi della notte mi si ripropongono, strattonando la mia attenzione.
Sono occhi come prigioni, momenti di fiato rubato.
E vorrei cantare le canzoni che da bambina mi ricoloravano la memoria del sogno per farlo diventare realtà, ma so che non posso, so che non devo.
Non posso usare i miei poteri questa volta, perché ne deriverebbero grandi responsabilità.
Eppure c'è qualcosa laggiù, in quei fiumi distanti, che mi inviterebbe a nuotare e nuotare, con la libertà infinita di avere la costa alle spalle e il mondo ancora davanti.
Ad abbandonarmi, perdermi, affondare. Scoprirne gli abissi verdi più remoti e lasciare che i pensieri di quel mare mi vibrino dentro, mi completino.
E poi aprire la bocca e fare entrare il mare dentro, in un bacio che affonda.
Alla fine vorrei solo quello, solo una volta, solo un momento.
Solo mani calde che mi prendano per le braccia e mi affondino.
Solo la testa leggera di chi non ha più ossigeno.
Vorrei, vorrei davvero,
svenire così nelle braccia del mare, catturare le onde,
affogare nel sogno,
vorrei davvero,
ma i sogni costano molta realtà.
increspandolo di memorie, di cose già viste, di immagini di desideri nascosti.
I brividi della notte mi si ripropongono, strattonando la mia attenzione.
Sono occhi come prigioni, momenti di fiato rubato.
E vorrei cantare le canzoni che da bambina mi ricoloravano la memoria del sogno per farlo diventare realtà, ma so che non posso, so che non devo.
Non posso usare i miei poteri questa volta, perché ne deriverebbero grandi responsabilità.
Eppure c'è qualcosa laggiù, in quei fiumi distanti, che mi inviterebbe a nuotare e nuotare, con la libertà infinita di avere la costa alle spalle e il mondo ancora davanti.
Ad abbandonarmi, perdermi, affondare. Scoprirne gli abissi verdi più remoti e lasciare che i pensieri di quel mare mi vibrino dentro, mi completino.
E poi aprire la bocca e fare entrare il mare dentro, in un bacio che affonda.
Alla fine vorrei solo quello, solo una volta, solo un momento.
Solo mani calde che mi prendano per le braccia e mi affondino.
Solo la testa leggera di chi non ha più ossigeno.
Vorrei, vorrei davvero,
svenire così nelle braccia del mare, catturare le onde,
affogare nel sogno,
vorrei davvero,
ma i sogni costano molta realtà.
...a blue blue sea
on a blue blue day
mercoledì 4 aprile 2012
La mia lista di desideri è un esercito di tarli che stanno cercando di distruggere tutto il bell'arredamento del mio sanctum interiore.
Voglio abbandonare a mezzo un progetto che non riesco a finire, e così crollano le mie aspettative di raggi di sole che mi svegliano con un bacio.
Voglio dormire, dormire, dormire. Voglio scivolare su tutte le ore della giornata come su una canoa incurante del fiume in piena. Così distruggo la mia illusione di essere precisa. Ottima.
Perfetta e instancabile.
Vorrei strapparmi di dosso queste merdosissime sneaker da adolescente e tornare a graffiare le strade bagnate di notte.
Ma così otterrei solo più discordia, più sonno, una casa più disordinata a cui tornare.
Voglio un segno che mi dica cosa fare, ma così perdo fiducia nel mio istinto.
E poi a volte voglio cose che era giusto volere, per provarle e levarsi lo sfizio di averle provate. Per trovare riconferma della mia solitudine intellettuale in un mondo molto molto distratto.
Ed ecco che ho dipanato la storia di un anno in una simulazione ben strutturata di una giornata. Non ho bisogno di altro per conoscere già i limiti di tutti questi buoni propositi.
Finirà anche questa moda.
E il mio buonumore consueto viene logorato dalla noia. Dalla banalità. Dall'indolenza.
Posso solo sperare che una risata ci salvi, e che non ci seppellisca.
Voglio abbandonare a mezzo un progetto che non riesco a finire, e così crollano le mie aspettative di raggi di sole che mi svegliano con un bacio.
Voglio dormire, dormire, dormire. Voglio scivolare su tutte le ore della giornata come su una canoa incurante del fiume in piena. Così distruggo la mia illusione di essere precisa. Ottima.
Perfetta e instancabile.
Vorrei strapparmi di dosso queste merdosissime sneaker da adolescente e tornare a graffiare le strade bagnate di notte.
Ma così otterrei solo più discordia, più sonno, una casa più disordinata a cui tornare.
Voglio un segno che mi dica cosa fare, ma così perdo fiducia nel mio istinto.
E poi a volte voglio cose che era giusto volere, per provarle e levarsi lo sfizio di averle provate. Per trovare riconferma della mia solitudine intellettuale in un mondo molto molto distratto.
Ed ecco che ho dipanato la storia di un anno in una simulazione ben strutturata di una giornata. Non ho bisogno di altro per conoscere già i limiti di tutti questi buoni propositi.
Finirà anche questa moda.
E il mio buonumore consueto viene logorato dalla noia. Dalla banalità. Dall'indolenza.
Posso solo sperare che una risata ci salvi, e che non ci seppellisca.
martedì 3 aprile 2012
Avrei dovuto prendermi il mio tempo, giorno per giorno. Soffermarmi quando era richiesto e non correre sempre via, dimenticando i ricordi, lasciandoli svolazzare dietro di me come un foulard.
Ora invece arrivo qui, col fiatone, le scarpe sporche. E mi sento estranea perfino in casa mia, che è così cambiata.
Per ritrovare il mio sentiero mi serve, a volte, un buio saturo di fumo. Mi serve l'oscurità che mi toglie le distrazioni da davanti agli occhi.
Mi si risvegliano dentro le emozioni che la quotidianità mi strappa via. E ogni volta che apro questi nuovi occhi mi chiedo se stia facendo la cosa giusta, o se prima o poi scoprirò che il mio spirito non è un animale che ama le gabbie, e tornerà pieno di rabbia e vendetta contro di me.
Ora ho un momento di assonnata malinconia, e tutto mi mette male allo stomaco. Ogni canzone mi fa gli occhi lucidi. Vorrei solo correre via ed essere libera come sono liberi i ragazzi. I gatti. Gli uccelli.
Non voglio più dimenticarmi.
Almeno questo me lo devo.
Tornerò.
Ora invece arrivo qui, col fiatone, le scarpe sporche. E mi sento estranea perfino in casa mia, che è così cambiata.
Per ritrovare il mio sentiero mi serve, a volte, un buio saturo di fumo. Mi serve l'oscurità che mi toglie le distrazioni da davanti agli occhi.
Mi si risvegliano dentro le emozioni che la quotidianità mi strappa via. E ogni volta che apro questi nuovi occhi mi chiedo se stia facendo la cosa giusta, o se prima o poi scoprirò che il mio spirito non è un animale che ama le gabbie, e tornerà pieno di rabbia e vendetta contro di me.
Ora ho un momento di assonnata malinconia, e tutto mi mette male allo stomaco. Ogni canzone mi fa gli occhi lucidi. Vorrei solo correre via ed essere libera come sono liberi i ragazzi. I gatti. Gli uccelli.
Non voglio più dimenticarmi.
Almeno questo me lo devo.
Tornerò.
martedì 4 maggio 2010
l'ultima sigaretta e poi tutti andremo a letto.
io con tutti gli spiriti di questa casa che ho costruito e con la gatta che li sa vedere.
dormiremo altri sogni vettoriali sperandoli più tranquilli, perché nell'aria umida di oggi si è sollevata un'atmosfera vecchia nera e grigia: l'atmosfera ispirata di chi ha voglia di sussurrare.
stiamo crescendo. siamo una macchina che si evolve e grazie al cielo non si ferma. siamo ora capaci di formulare pensieri di una saggezza più consistente di quella annuale dell'adolescenza, siamo capaci di chiudere gli occhi, immaginare una strada e poi andarla a ricercare nel mondo.
questo è un cambiamento corretto, un cambiamento lento e solido come l'albero che cresce. ci sentiamo tranquilli rispettando i limiti di velocità di questa via di cui prima sapevamo solo il nome.
è tempo di calma, di rispetto, di responsabilità.
è tempo di mente razionale, di passione concentrata, di romantica concretezza.
il momento in cui le fairytales diventano vere, in cui ci accorgiamo che lo sono sempre state.
coloro che percorrono questo stesso cammino, fanno parte di noi, ognuno per sé, ognuno attraverso la sua epoca.
la mia sono i ventiquattro anni,
e mi stringo la mano
e mi faccio molti auguri.
io con tutti gli spiriti di questa casa che ho costruito e con la gatta che li sa vedere.
dormiremo altri sogni vettoriali sperandoli più tranquilli, perché nell'aria umida di oggi si è sollevata un'atmosfera vecchia nera e grigia: l'atmosfera ispirata di chi ha voglia di sussurrare.
stiamo crescendo. siamo una macchina che si evolve e grazie al cielo non si ferma. siamo ora capaci di formulare pensieri di una saggezza più consistente di quella annuale dell'adolescenza, siamo capaci di chiudere gli occhi, immaginare una strada e poi andarla a ricercare nel mondo.
questo è un cambiamento corretto, un cambiamento lento e solido come l'albero che cresce. ci sentiamo tranquilli rispettando i limiti di velocità di questa via di cui prima sapevamo solo il nome.
è tempo di calma, di rispetto, di responsabilità.
è tempo di mente razionale, di passione concentrata, di romantica concretezza.
il momento in cui le fairytales diventano vere, in cui ci accorgiamo che lo sono sempre state.
coloro che percorrono questo stesso cammino, fanno parte di noi, ognuno per sé, ognuno attraverso la sua epoca.
la mia sono i ventiquattro anni,
e mi stringo la mano
e mi faccio molti auguri.
this is the poetry of reality.
domenica 25 ottobre 2009
come fate a non capire la delusione che causate?
sembra incredibile che un desiderio così forte passi inosservato anche quando viene spiegato, dimostrato, esternato. come se non ci fosse altro che un egoismo che non ho mai visto in altre meccaniche sociali.
la vostra empatia si annulla totalmente nella certezza errata che sia il vostro, di desiderio, il più forte.
e vi sbagliate.
il desiderio che urla è il mio. questo cuore di uccello ancora spaventato che martella, è il mio. la mia guancia destra rossa di vergogna è la mia. la mia guancia sinistra che cerca disperatamente il calore, è sempre la mia.
mi spiccate da dentro una frustrazione che mi mangia lo stomaco.
con questo senso di impotenza da piangere, mi lasciate a scappare controvento.
barcollare tra le domande.
è un'alba bellissima che non riesce a risollevarmi lo spirito.
ho cercato di nuovo tra i porci, ma non ci sono altre perle se non quelle che avevo lanciato io.
sembra incredibile che un desiderio così forte passi inosservato anche quando viene spiegato, dimostrato, esternato. come se non ci fosse altro che un egoismo che non ho mai visto in altre meccaniche sociali.
la vostra empatia si annulla totalmente nella certezza errata che sia il vostro, di desiderio, il più forte.
e vi sbagliate.
il desiderio che urla è il mio. questo cuore di uccello ancora spaventato che martella, è il mio. la mia guancia destra rossa di vergogna è la mia. la mia guancia sinistra che cerca disperatamente il calore, è sempre la mia.
mi spiccate da dentro una frustrazione che mi mangia lo stomaco.
con questo senso di impotenza da piangere, mi lasciate a scappare controvento.
barcollare tra le domande.
è un'alba bellissima che non riesce a risollevarmi lo spirito.
ho cercato di nuovo tra i porci, ma non ci sono altre perle se non quelle che avevo lanciato io.
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