mercoledì 28 dicembre 2005

Sbalordita osservavo l'unicità del coltello di giada, col quale mi carezzavo via la pelle.
Il bagliore prezioso. Il freddo tatto su di esso, mentre il sangue lo lava e resta pulito.

Prendevo un respiro, succhiavo una lacrima.

Piangi ancora piccola Maria di stoffa. Bagnati e piangi. Sentiti inutile.
Sentiti costretta.
Sentiti vincolata.

Il vento ti creerebbe un muro di suoni menzogneri, se solo tu volessi.

Sapevo di essere libera di andare.
So sempre di essere libera di andare.

E guardavo la lama affilata, che guardava altrove.
E lenta tagliava.

E mentre piano scorre la linfa rossa, tu Maria filosofeggi assente.

Il libero arbitrio non ti fa felice. Non ti fa libera. Non ti fa giudice.

Così pensavo, allacciandomi le scarpe.
Così mi dicevo, pronta di nuovo.
"Se so correre, devo correre. Se nessuno lo dice, lo dico da sola."

E mentre mi avvicinavo al tritacarne, il sentiero circolare consigliava la stretta gabbia.
La mano riprendeva il coltello unico, la giada ricominciava a tagliare.








1000 anni dopo vendetti la lama al prezzo della libertà.