domenica 9 dicembre 2007

sono passate molte notti.
non saprei nemmeno dare ad ognuna di loro un numero, ma certo saprei dare loro un nome.

dopo la mia riappacificazione con il tempo, ho cominciato ad lavorare lo spazio.
e casa mia, immensa, dalle mura abbattute, ha finalmente guadagnato uno spessore sostanzioso e tuttavia segreto.

sono stata sola in  mezzo al silenzio umido, con vastità attorno grandi come l'universo di una formica e ho pensato che ero al sicuro. Potevo cantare per ogni mattonella lucida a voce alta e nessuno si sarebbe lamentato.

Ho fatto conoscenza con la luce aranciata che diventa reale solo qui, dove vivo io, e ho abituato gli occhi ad amarla e riconoscerla tra mille.

Non mi ero mai sentita così al sicuro, regina del mio guscio di noce anche se chiusa nell'infinito.


Queste strade, questi segmenti irregolari che sfregiano la perfezione del quadrato. Queste case secche e torte che non si arrendono mai al tempo che passa. Queste ampie boccate di storia antica che ti sporcano gli occhi di panna e melassa solo a pensarci. Ora tutto questo non solo mi appartiene di più, sotto contratto migliore, ma mi ha accettata come amica sussurrando ogni notte che non fa mai abbastanza freddo per non uscire e abbracciarlo.

Ed è un richiamo così naturale ed animalesco che stenti a credere venga da cose senza anima. Devono essere per forza fantasmi, eccome, fantasmi e spiriti di persone che hanno messo la stessa passione nel vagare come nuvole nebbiose negli intestini più caldi e privati della mia città. E' un richiamo a cui non so dire di no.
E niente lo ferma. Il caldo lo dilata e la pioggia lo fa brillare. Il freddo lo rende lucido e pungente e la condensa lo copre di rugiada, lasciandoti sempre con una sete inestinguibile.

Al di là dei visi, delle commedie a cui ho assistito e partecipato. Al di là dei vizi che tentano leccandola ogni mia nuova scoperta. Al di là delle cose che credevo di conoscere e non mi stanco mai di scoprire nuove, c'è un trionfo opulento di marmo e pietra nobile che con la sua voce di bronzo ha per sempre deflorato ogni mia passione, rendendomi inebriata e succube di questo odore, di questo cielo ghiacciato.

La notte e la città coalizzate in un freddo avvinghiare.
Una zampa di gatto che non ritrae le unghie posandosi sul cuore innamorato, ma lo penetra lentamente lasciando rivoli di malinconia rossa dopo aver accarezzato.

Questa è casa mia. Qui è dove vivo.