venerdì 17 marzo 2006

Racconta il tuo orrore, il lato buio che ti spenge in quella luminosità che ti porti dietro.
Scava in te stessa e cerca il tuo essere sbagliato.
Guarda nell'abisso.

Io ricordo i miei occhi. Sono quell'abisso dal quale non risalgo mai, sono gli unici occhi che non leggo, non vedo, non comprendo. Che chiari e oscuri mi guardano colmi di giustificazioni, di scuse, di orgoglio, di consapevolezza.

Come se lo specchio mi stesse guardando. E solo lui capisse.
Eppure sono io.

Quindi cerca il tuo subconscio marcio e riportalo sul palco.
Scrivi e curati.

E oggi ho scoperto che c'è qualcosa che non so fare. Come un idiota nascondevo il mio stupore umido tra i capelli. Per una volta utili e non specchio di inedia.

Comunque mi si guardi, si riconosce l'accidia nei tratti della mia persona.
Che fine hanno fatto i peccati capitali interessanti?


Ma questo lo conosco. Questo non lo posso dire.
Tutto quello che conosco mi sembra troppo poco, di cosa volete che parli, dell'intelligenza che mi schiaccia?

Del  mio cervello iperattivo che non mi lascia scampo, che mi tiene all'oscuro delle meccaniche che in me vanno in automatico?

Sono un ammasso di neuroni e sinapsi che lavorano senza avvertirmi, impaurite dal mio giudizio.

Sono un idiota.
Un idiota fottutamente intelligente.
E non so più dove scappare da questa autodistruzione del troppo.




E ho paura che potrei esistere senza di me-




venerdì 3 marzo 2006

Una lunga attesa.
Il Tempo. Lui è sempre stato qualcosa che non capirò.

Anche ora che è così tardi nel mattino di domani che avrei già dovuto rassegnare i miei occhi.

Ma invece.
Scrivo di altro.
Ho morbidi suggerimenti in testa, ma la mia mano li sorpassa più svelta a recepire impulsi assopiti di confessione.
E parlavo del tempo, nella migliore tradizione della chiacchera.
Quasi fossi in ascensore.

Ho parlato con me tante volte.
Ho parlato di questo. E mi ripeto.
            Vorrei non fosse così.

Sono così abituata a fuggire che rimarrò ferma ora.

                    Le parole si sono già esaurite in un ammonimento.



Posso tornare a scrivere del mio morbido cervello di pezza, che dolorante mi dice:




"...Shhhht... Non pensare..."