domenica 2 luglio 2006

C'era un tempo in cui l'estate arrivava calda e fresca insieme.
In cui attendevi la sera sulla bicicletta, appoggiata con la mano ad un lampione giallo.
Nessuna nuvola, solo il cielo terribilmente nero - un velo-
E il mistico scattare olioso della ruota.
Volteggiare di falene, scappare via sull'erba, accuattarsi nel buio e trattenere il fiato. E il sorriso.

C'era il piatto illuminato di sole, finchè la trasparenza dell'anguria si faceva bianca.
C'era avere il tempo di prendere tutti i semini con la forchetta, quelli caduti, e radunarli in cerchi e fiori di arte nuova.
C'era prendere tutti i cuscini del divano e costruirci un castello arancione.

E poi c'è stato il tranquillo dormire, e lo svegliarsi con la luce.
C'è stato vestirsi leggero e annodarsi i capelli.




Alle soglie di qualcosa che non voglio mettere a fuoco per non perdere il gusto dolce del ricordo, mi sedevo al tavolo di vetro della cucina, con davanti gli stessi semi neri, in disordine sul piatto.
Le dita sottili di una bambina, dal cortile davanti, suonavano le note incerte di chi impara il pianoforte.

Lei ed io, due volte me.


Le sono andata incontro, e ho disegnato cerchi di semi nell'acqua zuccherina.